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   Questione di metodi

 

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Redazione

di Enrico Hell


In una intervista del 5 febbraio 1999, il quotidiano Alto Adige ha posto a Walter Cristofoletti, ispettore per la seconda lingua nelle scuole italiane della provincia di Bolzano, una domanda centrale: "è vero che gli studenti, con il metodo tradizionale, hanno scarse possibilità di imparare il tedesco oppure questo è il solito luogo comune?".

La risposta di Cristofoletti è piena di diplomazia.

Egli dice, infatti, che bisogna prima intendersi su cosa significa "metodo tradizionale", visto che negli anni le metodologie di insegnamento sono cambiate. Tanto è vero - egli aggiunge - che ci sono italiani che hanno imparato il tedesco con la grammatica, cioè con i vecchi metodi. In definitiva - egli dice – "non esistono formule miracolose per imparare le seconda lingua".

Ma, se ai vertici della scuola, cui Cristofoletti appartiene, ci sono tanti dubbi e incertezze e si fa tanta fatica a distinguere il vecchio dal nuovo, nella gente comune le idee sono molto più chiare.

Poiché mi considero un non specialista nella didattica delle lingue – e per di più non ho in animo di diventarlo - in queste poche righe proverò a spiegare all’Ispettore che cosa io intendo per vecchi metodi e cosa intendo invece per metodi innovativi, ricollegandomi in questo a quello che la gente comune sente.

Vecchi metodi sono quelli che propongono di insegnare la seconda lingua come oggetto a se stante, come materia di studio ben delimitata. Sicuramente, chi insegna la lingua attraverso la grammatica, come oggi molto spesso avviene nelle scuole superiori, usa un metodo vecchio.

Nessuno ha mai imparato le lingue con la grammatica, anche se a Cristofoletti sembra che sia successo in passato. Ma chi negli ultimi trent’anni ha imparato bene le lingue le ha imparate, nonostante il metodo grammaticale.

Proviamo a pensare a come avviene che un bambino piccolo apprende la propria lingua madre: è forse perché la mamma gli spiega la grammatica per filo e per segno? No di certo.

E’ forse perché la mamma, usando metodi meno antiquati, gli ripetute per giorni e giorni sempre le stesse frasi, fino a che al bambino non sono entrate bene in testa? E’ forse perché la mamma costruisce a tavolino situazioni di uso della lingua che permettono di esercitare strutture linguistiche appropriate? Di certo non è nemmeno così.

La mamma ha un vantaggio rispetto a un’insegnante di lingue: non è un' insegnante. E’ per questo che, probabilmente, riesce a trasmettere la pienezza della lingua al proprio bambino.

Dunque, le insegnanti dovrebbero tenere presenti alcune regole fondamentali della didattica dall’apprendimento naturale delle lingue: la regola principale è che il bambino impara una lingua quando la usa in situazioni vive e concrete, quando ha di fronte un problema vero da affrontare, quando c’è una tensione vera da sciogliere.

Nella vita, i problemi nascono tutti i giorni. A scuola le questioni vere sono quelle legate alle materie di studio: quindi a scuola una seconda lingua può essere imparata sul serio, solo se viene usata per trattare in modo completo le materie.

Insegnare geografia o storia o altro in tedesco non significa insegnare tedesco, ma significa fare sì che i ragazzi imparino bene il tedesco, più che con le duemila ore di lezione tradizionale di lingua dei curriculum scolastico dell'Alto Adige.

Le linee guida per l’apprendimento del tedesco nelle scuole italiane, approvate dalla Giunta provinciale, volendo evitare l’uso del termine "immersione linguistica", chiamano "approccio veicolare" il metodo innovativo che insegna le lingue attraverso le materie. L’approccio veicolare non è certo una formula miracolosa per imparare le lingue, è molto di più: è qualcosa che veramente funziona.

Ma, al di là dei termini, mi sembra , col senso comune, di essere riuscito a distinguere il vecchio dal nuovo. Il mio augurio è che anche i vertici scolastici riescano a fare altrettanto.

Enrico Hell


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