sabato 27 aprile 2002

copia memorizzata il 27 aprile 2002  

 
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 BOLZANO


«Caro Brugger non sei capace di ascoltare»
Gli studenti rispondono alle accuse e rilanciano: vogliamo la scuola bilingue
IL DIALOGO TRA I BANCHI

di Luca Fregona

BOLZANO. «Brugger dice che siamo pochi e non contiamo? Beh, dimostra scarso spirito democratico e scarsa capacità di ascoltare. Come si fa a dire che le idee degli altri non valgono nulla...». Parte così, con una riposta secca alle dichiarazioni dell'Obmann della Svp, il convegno sulla scuola bilingue organizzato dagli studenti della rivista «Il Ponte». Mauro Mazzio, 21 anni, scalda la platea: «Noi siamo convinti che sia invece molto diffusa la voglia di cambiare una situazione diventata insostenibile».
«Cavolo, se ci attacca così, vuol dire che abbiamo colpito nel segno...». L'intervista di Brugger all'Alto Adige passa di mano in mano tra gli studenti (un centinaio) riuniti nell'aula magna delle Iti. L'orgoglio di essere finiti in prima pagina, di aver comunque smosso qualcosa è superiore alla rabbia per le parole dure dell'Obmann della Svp. Certo, l'accusa di essere poco rappresentativi e isolati brucia, ma passa anche in fretta e, soprattutto, non intimorisce.
Dopo la precisazione di Mazzio, si va subito al sodo: la scuola del futuro, dicono, deve essere bilingue perché il modello separato non funziona. Parlano i redattori del Ponte e i rappresentanti delle consulte studentesche italiana e tedesca. Senza traduzione. Ed è un mix di pragmatismo e idealismo, di voglia di contare e di insofferenza per la società (e la scuola) divisa. «Non favorisce - osserva Alessandro Farina -, un apprendimento soddisfacente della seconda lingua, che è il presupposto numero uno per integrarsi con l'altro gruppo». Non vogliono la rivoluzione ma semplicemente un'opportunità in più da affiancare alle altre. Johannes Weibl, quinta scientifico al Torricelli: «Se dopo 13 anni di scuola dell'obbligo non si impara il tedesco, deve esserci qualcosa che non funziona. Vediamo perché».
Dalla platea li ascoltano diversi esponenti politici (una nutrita pattuglia di Verdi e Alessandro Urzì di An), docenti, sindacalisti. C'è anche Kurt Egger, frate cappuccino, professore ad Innsbruck, e fratello del vescovo. Una presenza pesante. Poi tocca agli invitati, esperti di didattica e giurisprudenza. Intellettuali critici come Sigfried Baur, Francesco Palermo, Andrea Felis e don Paolo Renner, il secondo bersaglio di Brugger.
Baur attacca la scuola altoatesina: «Le sperimentazioni nelle monolingui sono una cosa positiva, ma riguardano solo una minoranza di studenti fortunati, concentrati nelle grandi città. Il resto del territorio ne è escluso». E Palermo: «Il sistema delle scuole rigidamente separate è dannoso e paradossale: iscrivere i propri figli nelle scuole dell'altro gruppo per fargli imparere il tedesco o l'italiano porta all'assimilazione. Senza contare che il rischio è la creazione di elite bilingui (dominanti) contrapposte a masse monolingui emarginate dall'esercizio del potere». Palermo scardina anche il presunto monolitismo dell'articolo 19. «Non vieta la scuola bilingue. Tutto quello che porta ad una moltiplicazione dei diritti è un arricchimento e non un impoverimento della tutela della minoranza». I ragazzi ascoltano. Alla fine elaborano un documento: «Il monolinguismo - scrivono - è curabile. Disprezzare la possibilità di imparare due o tre lingue in un contesto di pluralità linguistica è un atteggiamento suicida».
Nel tardo pomeriggo Brugger ammorbidisce i toni: «Non ho mai detto che il loro parere non conta».