Lingua, cultura e identita’

Di una mozione presentata da Pius Leitner e discussa oggi in Consiglio provinciale a Bolzano (mozione Nr. 514/07 dal titolo: “No all’immersione – il principio della madrelingua va tutelato”), ricopio i seguenti passaggi, che in qualche modo mostrano quelli che, secondo Leitner e i Freiheitlichen, sono i rapporti fra tre termini: lingua cultura e identità.

Si legge nella mozione (respinta dal Consiglio, avendo registrato solo 4 voti a favore):

“L’identità si acquisisce attraverso la lingua, che è il tratto culturale essenziale ai fini della formazione del legame di
appartenenza a un’area culturale! Tale legame è sia il mezzo sia l’oggetto della costruzione dell’identità.
Una persona si identifica con qualcosa, in altre parole ha delle caratteristiche che ne sanciscono l’appartenenza a un determinato gruppo etnico e a una determinata cultura.
La lingua da un punto di vista culturale genera l’identità.
La formazione dell’identità è considerata una delle più importanti funzioni nel processo di sviluppo della persona, funzione collegata alla madrelingua.
L’identità è la matrice della vita di una persona.”

La mia prima impressione di fronte a tali argomenti è di una sorta di serio cortocircuito intellettuale da parte di Leitner.

In ogni caso ho controbilanciato rileggendo il Prologo all’Intervista sull’identità di Zygmunt Bauman, che ripropongo di seguito.

Scrive Bauman:

“Secondo l’antica usanza dell’Università Carlo di Praga, durante la cerimonia di conferimento delle lauree honoris causa viene suonato l’inno nazionale del paese di appartenenza del «neolaureato». Quando toccò a me ricevere quest’onore, mi chiesero di scegliere tra l’inno britannico e l’inno polacco… Beh, non trovai facile dare una risposta. La Gran Bretagna era il paese che avevo scelto e che mi aveva scelto offrendomi una cattedra quando la permanenza in Polonia, il mio paese di nascita, era diventata impossibile perché mi era stato tolto il diritto di insegnare. Laggiù, però, in Gran Bretagna, io ero un immigrato, un nuovo venuto, fino a non molto tempo fa un profugo da un paese straniero, un alieno. Poi sono diventato un cittadino britannico naturalizzato, ma quando sei un nuovo venuto puoi mai smettere di esserlo? Non avevo intenzione di passare per un inglese e né i miei studenti né i miei colleghi hanno mai avuto il minimo dubbio che fossi uno straniero, un polacco per essere esatti. Questo tacito gentlemen’s agreement ha impedito ai nostri rapporti di guastarsi: al contrario, li ha resi onesti, tranquilli e nel complesso sereni ed amichevoli.
Avrei dovuto quindi far suonare l’inno polacco? Ma anche questa scelta non aveva molto fondamento: trent’anni e passa prima della cerimonia di Praga ero stato privato della cittadinanza polacca… La mia esclusione era stata ufficiale, avviata e confermata da quel potere che aveva la facoltà di distinguere il «dentro» dal «fuori», chi apparteneva da chi no: pertanto il diritto all’inno nazionale polacco non mi competeva più…
Janina, la compagna della mia vita , ha trovato la soluzione: perché non far suonare l’inno europeo? Effettivamente , perché no? Europeo lo ero, senza dubbio, non avevo mai smesso di esserlo: ero nato in Europa, vivevo in Europa, lavoravo in Europa, pensavo europeo, mi sentivo europeo; e soprattutto, a tutt’oggi non esiste un ufficio passaporti europeo con l’autorità di emettere o rifiutare un «passaporto europeo» e perciò di conferire o negare il nostro diritto a chiamarci europei.
La nostra decisione di chiedere che venisse suonato l’inno europeo era al tempo stesso «inclusiva» ed «esclusiva»… Alludeva a un’entità che includeva i due punti di riferimento alternativi della mia identità, ma contemporaneamente annullava, come meno rilevanti o irrilevanti, le differenze tra di essi e perciò anche una possibile «scissione di identità». Rimuoveva la questione di un’identità definitiva in termini di nazionalità, quel tipo di identità che mi era stata resa inaccessibile. Anche gli struggenti versi dell’inno europeo contribuivano allo scopo: alle Menschen werden Brüder, tutti gli uomini saranno fratelli … L’immagine di «fratellanza» è la sintesi della quadratura del cerchio: differenti eppure uguali, separati ma inseparabili, indipendenti ma uniti.”

Le dichiarazioni in aula di Pius Leitner, invece, le ho riportate in questo post sul blog Mehrsprachigkeit.

3 Responses to “Lingua, cultura e identita’”

  1. Marcello Says:

    Buongiorno, mi imbatto in questo blog per caso, cercando su google qualche punto di riferimento per genitori che, come me, ritengono che la cesura scolastica imposta d’autorità tra bambini sul presupposto, spesso fallace, di un’apprtenenza liguistica (etnica!!!), sia un grave errore e costituisca un danno allo sviluppo delle nuove generazioni.
    Chiedo quindi scusa se, per sbaglio, sarò off topic e vi domando gentilmente, se potete, di indicarmi altri luoghi migliori in cui cercare confronto e idee di azione per portare avanti le mie opinioni (che, a quanto leggo in giro, non sono poi così isolate).
    Scusandomi per la lunga e tediosa premessa, vengo al dunque: sono un genitore 33enne di una bambina di 15 mesi. Viviamo a Bolzano insieme a mia moglie (italiana nativa di Brunico). Io sono nato e cresciuto a Bologna da dove, 5 anni fa, mi sono trsferito qui. Mia moglie conosce bene entrambre le lingue. Io sono monolingue italiano (da queste parti conoscere il francese e l’inglese non pare rappresentare un garnde valore aggiunto).
    Credo che la gran moda identitaria che in genere pervade questi tempi (identità cristiane, occidentali, europee e, nel nostro piccolo, tedesche, italiane, ladine), sia dannosa e figlia del periodo di povertà culturale e ideale che stiamo attraversando. Quando guardo la mia bambina, così come quando guardo qualunque bambino, non posso fare a meno di constatare che non mi viene mai in mente di domandarmi se sia italiana, tedesca, straniera, comunitaria… Vedo solo un bambino. Con gli adulti invece non funziona così: tutti a sottolineare la propria identità e a volerla imporre, de iure, anche ai figli, propri e altrui, attraverso un percorso di segregazione scolastica obbligatorio.
    Non voglio tediare oltre, in questo mio primo (e forse fuori luogo) intervento. Dunque termino qui la mia “filippica”. Chiedo e vi chiedo se questo spazio virtuale sia il luogo idoneo a sviluppare argomenti come questo e se vi siano spazi per inziative concrete.

    Cordialmente,

    Marcello

  2. Étranger Says:

    Ciao Marcello, questi spazi esistono. Estendo anche a te un invito che è stato pubblicato su un blog al quale potresti fin da adesso riferirti se vuoi entrare in contatto con chi la pensa come te e ha a cuore le problematiche alle quali hai accennato:

    http://mehrsprachigkeit.wordpress.com/2008/06/05/mix-ling-dialoghi-del-mercoledi-mittwochdialoge/

    A presto.

    Gabriele Di Luca

  3. Marcello Says:

    Grazie mille!
    Cecherò di dare il mio contributo alla causa!