Due interviste a confronto
dal quotidiano Alto Adige del 13/3/2004
redazione - 13/03/2004
 







Per un italiano vivere qui è una vera
umiliazione




 Il disagio degli italiani in Alto Adige è riconosciuto persino da
galantuomini tirolesi; è verità sacrosanta e sappiamo benissimo che
questo disagio è dovuto ai politici che erroneamente abbiamo votato sia a
livello nazionale che regionale. (Salvo qualche mosca bianca) i nostri
cari politici difendano solamente le proprie careghe e i loro milionari
stipendi che li permettono una vita da nababbi, lontani da ogni disagio e
problema di vita. Possiedono appartamenti, viaggiano in auto, in treno e
in apparecchio gratis e quando discutono gli interessi dei loro elettori,
il risultato è solo una bega politica e allora di che meravigliarsi se si
è formato un forte partito di maggioranza come la Svp che legifera
soprattutto a favore della sua gente. Di che meravigliarsi se edificano
chiese solo per tirolesi e ricoveri? Di che meravigliarsi se l’avvocato
Siegfrid Brugger si dimentica che in un recente congresso meranese dichiarò,
«abbiamo strizzato gli italiani come limoni» -. Questa affermazione non
vuole forse dire che gli italiani pensionati e quelli che con i loro
stipendi faticano ad arrivare alla fine del mese vivono una vita di vero
disagio? e che oltre al danno subiscono anche umiliazioni e beffe? Io
purtroppo non ho denari altrimenti me ne sarei già andato da questo Alto
Adige che continuano a chiamare Italia e che invece è un vero Stato nello
Stato; ma tirolese. Se qualcuno mi dà una mano io sono pronto a togliere
il disturbo perché veramente vivere qui per un italiano è sofferenza,
umiliazione e proprio per niente mi sento a casa mia.

S. R. 
BOLZANO
«Ho i mezzi per lavorare bene»

 

Il futuro rettore: dobbiamo ampliare la nostra offerta didattica rafforzare il corpo accademico e il profilo internazionale 

  

L’INTERVISTA «Accetto la sfida il potenziale c’è»

Lei è considerata uno dei massimi esperti di plurilinguismo. Sotto la
sua guida scientifica, l’ateneo diventerà un punto di riferimento per
il dibattito sull’apprendimento della seconda lingua in Alto Adige?

«Lei sa benissimo che la politica linguistica è anche un terreno minato.
Le ricette non esistono. Prima di proporre soluzioni o modelli bisogna
analizzare bene la realtà, conoscerla a fondo, capirla dall’interno.
Per farlo serve tempo».

Che impressione le ha fatto la società plurietnica altoatesina?

«Fino a questo momento non l’ho vissuta come una società divisa, forse
perché parlo indifferentemente le due lingue. La cosa interessante è
che, a livello internazionale, spesso si sente dire “dovete fare come in
Sudtirolo”. Mi sembra una fucina interessante».

Le dispiace lasciare la Germania?

«Lascio un team affiatato e amicizie solide. Mi mancheranno molto. Ma
sono molto attirata dalla sfida di Bolzano, dalla possibilità di fare
ricerca con mezzi adeguati. E poi, finalmente, di vivere in una società
bilingue».





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